Cotonou?…c’est une piscine!

Scusascusascusa…scusami blog e scusate voi che leggete…ho trascurato tutto per due settimane…e mo non so da dove cominciare…facciamo che comincio da ieri, poi nei prossimi giorni cerco di tornare indietro nel tempo e ricostruire un po…
Dunque ieri giornata di ufficio standard…con il diversivo che a mezzogiorno non ho neanche avuto il tempo di mangiare…il giorno precedente infatti la moto ha avuto qualche piccolo problemino: non si accendeva e perdeva benzina un po dappertutto. Allora ieri a mezzogiorno sono scappato a casa dove avevo appuntamento con Antoine (uno zem del quartiere). Antoine appena mi ha visto è schizzato a prendere il meccanico e in 15 minuti erano sotto casa mia…bello il meccanico a domicilio! In ogni caso son stato con loro ad assistere a tutta la riparazione e non ho avuto il tempo di mangiare. Mentre il meccanico lavorava ed io ed Antoine lo guardavamo, passa una signora urlando. Inizialmente penso sia una pazza….qui se ne incontrano spesso…gli uomini pazzerelli li riconosci al volo perché spesso girano coperti di nulla più che una maglietta….le donne pazzerelle non sono altrettanto facilmente identificabili…dopo poco passa un’altra donna urlante; intuisco che si stanno urlando addosso…chiedo ad Antoine e al meccanico che cosa succede ma non rispondono. Le donne si fermano esattamente di fronte a noi e cominciano a discutere sempre più animatamente…in pochi secondi sono passate alle mani, nell’arco di un minuto si sono strappate vicendevolmente le maglie, dopo due minuti la più piccoletta ha delle belle pietrone in mano. Io sono allibito. Non tanto dalla scena, quanto dal fatto che si sia creato un notevole capannello intorno alle due lottatrici e nessuno intervenga. Quando la cosa si fa pericolosa una donnina non più alta di 150 cm con tanto di bimbo legato sulla schiena interviene per separarle. Penso che stia dando il la e che uno degli omoni che mi stanno accanto intervenga a sua volta. Nulla, nessuno ci mette becco. Io da quando sto qui cerco di adattarmi e fare come fanno gli altri…nessuno interviene, non intervengo neanche io…non so nulla, non capisco perché litighino, in fon non posso comunicare posso dire solo buongiorno, grazie, arrivederci, nonmichiamoYovòilmionomeéTommaso, hai lavorato un po?si si un po…nessuna di queste frasi mi sembra adatta alla circostanza…domando ad Antoine (che è veramente grosso) perché non
intervenga e mi risponde con un "sono cose di donne". Il meccanico é
troppo preso dal carburatore per darmi una risposta. In ogni caso le
donne si allontanano e continuano ad urlare 500 mt più in la. La moto è
riparata, sono già le 2.15 e io devo schizzare in ufficio…senza
pappa. Lavoro fino alle 6 e 15…pronto per uscire, mi compare Lorenza
su skype..beh, un salutino è d’obbligo…il salutino diventano 20
minuti…finiscola chiacchierata, spengo il computer, lo ficco nello
zaino, scendo le scale, varco la soglia…e qualcuno ha aperto un
rubinetto enorme su tutta Cotonou…fuori comincia il diluvio
universale….vabbé, stiamo calmi. Torno nel mio ufficetto, riaccendo
il computer e mi accorgo che mi sta piovendo addosso. E’ da due
settimane che hanno cominciato dei lavori nel mio ufficio. Due
settimane che vivo senza una finestra, senza climatizzatore e senza
ventilatore. Due settimane che alle 8 del mattino sto già sudando e non
vedo l’ora di tornarmene a casa. Ieri con la pioggia abbiamo raggiunto
delle temperature ragiovevoli…in compenso l’ufficio si è totalmente
riempito d’acqua…quindi non sono non potevo tornarmene a casa, ma ho
dovuto anche spostare 5 pile di libri e documenti che stavano a terra
(stavano a terra perché prima erano in una libreria che hanno dovuto
togliere due settimane fa, quando cominciarono i lavori)…in ogni caso
non posso neanche troppo lamentarmi, perché l’ufficio del capo (che
avevano appena finito di ristrutturare) era mooolto più allagato del
mio: a lui l’acqua è entrata dal soffito, dal climatizzatore e dalla
finestra…viva i lavori fatti bene! Finito di spostare le cose a
rischio umidità dall’ufficio decido di affrontare la pioggia e tornare
a casa: ho il tremendo sospetto di aver lasciato qualche finestra
aperta. Ovviamente con me non ho nulla per affrontare il diluvio.
Quando sono uscito di casa c’era il sole, e alle prime piogge mancano
ancora due settimane come minimo. Appena monto sulla moto mi viene in
mente Olga…tutte le volte che le domando com’è Cotonou con la pioggia
ride come una matta e mi dice "vedraivedraièbellissimo"…a me
bellissimo non sembra. E’ tutto buio, ho come l’impressione che
lampioni di Cotonou (per carità, ce ne saranno 20 in tutta la città) e
acqua non vadano d’accordo. Esco dalla palazzina e mi trovo in un
infinita piscina. Purtroppo non sto scherzando…è un susseguirsi continuo di
pozzanghere marroni profonde mezzo metro che occupano tutta la
larghezza della strada. Ci metto 45 minuti ad arrivare a casa, ovviamente bagnato fino alle ossa…e non è ancora la stagione delle piogge. A casa non avevo lasciato finestre aperte, eppure il salone è pieno d’acqua. Cerco di capire da dove è entrata e ancora una volta ringrazio la genialità degli archiettetti beninoises. E’ troppo complicato da spiegare..proverò a fare delle foto…fatto sta che il sistema costruito non permette affatto lo scolo dell’acqua ma anzi, se piove permette all’acqua di entrare…in Senegal mi si è allagata la casa parecchie volte, e ho imparato come asciugare abbastanza in fretta…quindi ho preso il secchio, la paletta (quella che si usa con la scopa) e un po di stracci e ho cominciato a svuotare il salone…ho riempito tre secchi da 15 litri…dopodiché son dovuto uscire, senza nessunissima voglia, ma era deciso da tempo che avrei conosciuto Alain a casa di Gaetan…ma di Alain parleremo un’altra volta, che se no qui non si lavora più.

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Bohicon

La settimana passata è stata decisamente intensa…come sempre
devo partecipare a un sacco riunioni….più vado avanti e più scopro nuove
tematiche di cui non sapevo nulla…e quindi tornato dalle riunioni comincio la
ricerca (connessione permettendo) per capire di cosa mi hanno parlato nelle
ultime 3-4 ore. Inizialmente questa cosa di partecipare-rappresentare non mi
piaceva affatto. Adesso che comincio a capire di cosa mi parlano mi si
accendono mille lampadine di curiosità. Forse quest’anno non sarà utilissimo ai
fini delle ricerche per il dottorato, ma sicuramente imparerò un sacco di altre
cose che torneranno utili nei prossimi anni. Ho finalmente avuto il benestare
del prof in Italia e del “chargé du programme” di qui per fare ricerca
sull’agricoltura urbana a Cotonou…non solo per la mia tesi, ma magari anche per
una pubblicazione! Sono arrivato a venerdi stanco, ma in definitiva soddisfatto.
Avevo promesso a Olga (cfr “Mood Indigo”) che sarei andato a
trovarla a Bohicon, dove spesso abita (se non è a Cotonou, in Mali o in Burkina
Faso)…venerdi sera ne ho parlato con i tre giornalisti che si sono detti
interessati a vedere Bohicon e il palazzo reale di Abomey, ma con l’intenzione
di tornare sabato sera stesso…non amavano troppo l’idea di dormire in un
villaggio, probabilmente scomodi, al caldo, senza doccia e nel casino di una
famiglia allargata…a me invece sembrava una cosa simpatica…ho avuto modo di
conoscere la vita in famiglia in Senegal e in India…di quella beninense non so
nulla. Ci siamo dunque messi d’accordo per partire insieme, ma probabilmente
tornare separati. Appuntamento per sabato a mezzogiorno. I ragazzi arrivano con
tutta calma verso le 14 e raggiungiamo Bohicon solo per le 16.30. Olga viene a
prenderci con sua sorella e suo fratello e ci portano subito a mangiare in un
piccolo maquis. Ci offrono il pranzo, comprano altre boissons (coca cole, birre
etc.) e ci portano a casa della sorella di Olga.
La casa è piena di bambini, dagli 1,5 mesi dell’ultima arrivata (figlia della sorella di Olga) ai 12 anni
di Alida, figlia di Olga. Assistiamo alla pulizia della neonata, operazione che
richiede circa due ore. Solo la sorella maggiore di Olga può lavarla. La
piccola non deve solo essere lavata, ma anche massaggiata (due volte al giorno). In particolare il naso
richiede un trattamento speciale: pulizia delle narici e massaggi per plasmarlo
e farlo restare piccolo. Domando a Olga se queste pulizie cosi minuziose
vengono fatte a tutti i bambini beninois…mi spiega che è un trattamento
riservato ai discendenti della famiglia reale, come loro…di quale re si tratti
non lo ricordo …in Benin quasi ogni villaggio ha un suo re e una stirpe reale
decisamente ampia. Passiamo tutto il resto del pomeriggio seduti su un tappeto
nel mezzo della corte di casa, a chiacchierare e guardare i quadri e i vestiti
fatti da Olga. I giornalisti capiscono che sarà impossibile tornare a Cotonou
in serata e cominciano a domandare ad Olga informazioni sugli alberghi di
Abomey…impossibile ottenere informazioni…siamo ospiti, non possiamo andare a
dormire in altri posti. La casa non è enorme e in totale siamo almeno una
dozzina. Camille e Vincent in particolare sembrano molto spaventati. Camille perché
è un po’ “parigina” e Vincent perché è entrato in un periodo di “ramadan”…ha
promesso che non berrà alcool per tutto il prossimo mese e si domanda come farà
ad addormentarsi da sobrio nel marasma della casa. Camille inoltre ha una fobia
per i topi e comincia a domandare a Olga e ai proprietari di casa come siamo
messi a piccoli roditori nell’aperta campagna di Bohicon….domanda retorica, ma
i nostri ospiti ridono di gusto e non le danno una vera risposta. Camille
preferisce interpretare come un “no, non ce ne sono”. Più tardi nella serata
dalla mia postazione sul tappeto avrò modo di vedere più e più topini prendersi
gioco di Camille correndo da una parte all’altra della corte alle sue spalle.
Camille sente qualcosa che si muove dietro di lei, ma ogni volta che si gira il
topo di turno è scomparso…lei vede qualcosa con la coda dell’occhio e ci
domanda…la nostra risposta sarà sempre la stessa: “t’inquiètes pas, ce sont des
lizards!”…beata ingenuità, ci crede e non vede la risatina che sempre più a
fatica nascondiamo. Si fa notte, e il momento tanto temuto è arrivato…si va a
dormire. Qualcuno potrà dormire in casa, ma qualcun altro dovrà dormire fuori.
Non ho dubbi sul fatto che quei qualcuno che dormiranno fuori saremo io e
Alexandro…e a questi punti il sorrisino mi passa. Non vorrei mai svegliarmi nel
mezzo della notte con un topo in faccia! Andiamo verso il bagno per lavarci i
denti e vediamo un materasso davanti alla porta di casa con lenzuola pulite e
coperto dalla zanzariera…per noi, fantastico! Dormiamo come ghiri fino alle 10
del mattino…mi sveglia la passeggiata domenicale del gallo con la sua gallina e
i pulcini viola…alt, pulcini viola??? Mi strofino bene gli occhi…si si, son
proprio viola! Domando ad Alexandro, per cancellare ogni dubbio (…essendo
daltonico…)…conferma. Domando a Olga e mi spiega che è lei a pitturarli… “una
nuova forma d’arte?” “Ma no” – ride Olga- 
“è perché se no i falchi li mangiano!”. Olga è già sveglia da ore e si
sta occupando delle acconciature delle bambine…Alida è meravigliosa, sembra che
abbia un sacco di antenne in testa!
Andiamo a mangiare in una piccola buvette a metà strada
verso Abomey… carne di non so cosa (ha un nome strano in fon…provano a spiegarmi
cos’è ma non riesco a capirlo) con una pasta di chissacos’è condita da un sugo
a base di sangue e farina…non ho idea di cosa abbia ingerito, ma nel complesso
ho apprezzato. Finito di mangiare andiamo a visitare il palazzo di Abomey…ci
conduce per le sale e le corti una guida simpaticissima che ci racconta in
un’ora e mezza cinquecento anni di re, combattimenti e stregonerie. Scopro che
un re aveva fino a 500 mogli e che le più fedeli si sacrificavano alla morte
dello sposo. Il sangue delle spose sacrificate veniva usato per costruire la
palazzina-tomba del defunto re.
Il pomeriggio non è ancora finito…dobbiamo assolutamente
vedere le tigri e i caimani nel villaggio vicino…curioso, tigri in libertà,
cosi vicino a dei centri abitati…infatti i poveri animali non sono
assolutamente liberi. Sono proprietà del re del villaggio…una puzza
indescrivibile ci avvolge appena viene aperta la stanza delle tigri….le tre
poverette convivono in poco più di 5 metri quadrati, non si
muovono e hanno gli occhi tristi…decido di fare a meno della visita ai caimani!
Quasi commossi salutiamo i nostri meravigliosi ospiti, con
la promessa che torneremo a Bohicon. Montiamo in macchina e domando ai ragazzi
di fermarci 5 minuti lungo la strada per comprare degli ananas, che costano
meno che a Cotonou e sembrano essere più buoni. Passiamo per un villaggio e
vedo il tipico gruppo di venditori che sta ai lati delle strade ad aspettare
moto, macchine, autobus, carretti…se appena appena si rallenta gruppo circonda
il mezzo e bussa ogni finestrino sventolando la propria mercanzia. Rallentiamo
quel che basta a far venire un mezzo infarto a Camille… i nostri venditori
sventolano per la coda delle specie di ratti lunghi un metro…Alexandro capisce
che se rallenta ancora un po’ Camille ci resta secca…rinuncio agli ananas e
proseguiamo fino a Cotonou.
Questa mattina arrivato in ufficio mi son fermato un po’ a
chiacchierare del mio uic end con il guardiano dell’ufficio. Tra le altre cose
gli ho domandato cosa facciano con quei ratti enormi che ho visto vendere lungo
la strada…il guardiano mi guarda perplesso…ma come, sei stato a Bohicon e ad
Abomey…non hai mangiato il…e mi ha detto lo stesso strano nome che a
mezzogiorno del giorno prima mi avevano detto alla buvette…interessante
scoperta, ci siam mangiati dei bei rattoni….però forse a Camille non lo dirò!

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Fatality club

E’ da un po’ che non riesco ad aggiornare il
blog…il problema è che la connessione in ufficio diventa ogni giorno peggio.
Prima avevo la certezza che quantomeno al mattino funzionasse, da una settimana
ho perso pure quest’unica sicurezza…la connessione funziona in maniera
totalmente random e la cosa mi innervosice parecchio. Solo a me; a tutto il
resto dell’ufficio la mancanza di connessione non pone alcun problema. Ah,
dimentico sempre: in ufficio anche l’acqua scompare dalle
13.00 in avanti. La cosa incredibile è che credo che questo accada da sempre,
ma sembra che nessuno si sia mai preoccupato di trovare una soluzione (idem per
i problemi di connessione). Nessuno può pisciare nel pomeriggio. Nessuno può
scrivere mail o fare ricerche su internet. Pas des problemes. La segretaria
arrangia i suoi pomeriggi appoggiando la testa sulla scrivania e dormendo. Gli
altri non capisco bene cosa facciano, ma sembrano sempre impegnatissimi. Questo
del non cercare soluzioni ai problemi fa parte di un fatalismo tipicamente
africano. Non funziona… ce n’est pas grave, funzionerà quando Dio lo vorrà (si Dieux le veut – intch Allah, a seconda della religione). Nessuno fa lo sforzo
di capire perché, o come fare per riparare.
Il tempo, gli impegni, la fretta, il disagio
che una mancanza può arrecare sono concetti che in Africa (almeno nell’Africa
che ho conosciuto io) non esistono. Esempio. La moto. Inizialmente la frizione della
mia moto è stata considerata dal meccanico come un optional assolutamente non
necessario. Dal primo giorno ho detto al meccanico che me l’ha venduta che la
leva del cambio mi sembrava eccessivamente dura. Risposta: “È normale, abbiamo
rifatto tutta la “boite de vitesse”, vedrai che in un paio di giorni gli
ingranaggi si sistemano e sarà perfetta”. Non gli credo minimamente, si vede
lontano mille miglia che quella boite de vitesse è stata toccata, forse, nel
1982. Ok, comunque guido per 3-4 giorni. Il pollicione del piede sinistro mi fa un male
cane, perché il cambio rimane davvero troppo duro (per forza, non c’è la
frizione….). Al semaforo devo essere rapidissimo a trovare la folle, perché,
come ho detto, la frizione è come se non esistesse, quindi se tengo la prima
con la frizione schiacciata devo sempre accelerare un po’, se no si spegne…e la
moto ovviamente avanza…e al semaforo non é geniale…Bon, l’altro giorno in pausa pranzo ho deciso di andare
dal meccanico…arrivo e lui, tutto sorridente e gentile: “Non c’è problema, tu vai a mangiare,
alla moto ci penso io, per le 14.15 è pronta!” io: “Sei sicuro? Guarda che alle
14.30 devo essere in ufficio” lui: “Vai tranquillo, sarà pronta per le 14”…insisto
un po’, faccio un po’ lo spiritoso…domando se siamo d’accordo sul concetto di “ore
14”…vai tranquillo a mangiare… Ok, mi ha convinto; mangio (promesso, presto scriverò
cosa si mangia qui). Torno alle 14.10. Il meccanico ha appena cominciato, con una flemma inverosimile, a
svitare dei bulloni intorno alla “boite vitesse”…Non mi innervosisco neanche,
so che in questo momento non serve a nulla (invece più tardi, forse, sarà necessario arrabbiarsi)…il meccanico mi lascia senza moto,
ma dal suo punto di vista non mi sta arrecando alcun disagio…posso prendere uno
zem, andare al lavoro, ritornare alle 18 da lui, e forse la moto sarà pronta.
Se non sarà pronta potrò prendere un altro zem, tornarmene a casa, e riprovare
l’indomani…dov’è il problema? Il fatto che arriverò a casa più tardi, che non potrò
andare a fare la spesa, che l’indomani mattina dovrò svegliarmi un quarto d’ora
prima perché dovrò andare in ufficio con lo zem…tutto cio’ è un problema sono
nella mia testa occidentale…avevo pianificato…grande errore. Su questo l’India
e l’Africa si assomigliano. In India quando ci si da un appuntamento diciamo alle 10 del mattino, significa che sarebbe maleducato arrivare prima delle 10 e che l’oraio é elastico fino alle 13. La mancanza di orari, il concetto di tempo cosi
diverso dal nostro. Non è facile incastrarci la mia zucca di bianco
ipercinetico. A volte ci riesco e mi fa quasi sorridere. Altre volte mi viene
un nervoso…giovedì sono andato a seguire una conferenza. L’invito che abbiamo
ricevuto diceva “ore 8.30 precise”. Per non saper ne leggere ne scrivere ho deciso
di andarci alle 9. Alle 10.30 comincia a fare il suo ingresso la rappresentante del PNUD, mentre per la ministra dovremo aspettare almeno le 11. In tutto questo le uniche persone dall’aria scocciata (dopo due ore di attesa) siamo io e Katlijne, una ragazza fiamminga che lavora per la cooperazione belga…tutti gli altri partecipanti beninoises sono tranquilli….pas de problemes.

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Reggae uic end a Grand Popò

 Oggi la connessione funziona abbastanza bene…e
quindi mi trovo pieno di cose da fare (eh si, a volte lavoro)…rimedio
con qualche foto del bel uic end, passato sulle spiagge di Grand Popò,
verso il Togo..ascoltando reggae e sorseggiando giusto una birretta,
massimo due in tutta la notte.

 

 

 

 

 

 

Qui è dove abbiamo dormito…ogni stanza ha il nome di un cantante reggae..io Alexandro e Vincent abbiamo dormito nella stanza Tikken (Jah Fakouli), le ragazze in Garnett (Silk)!

I cocchi piccoli…è incredibile, sulla stessa pianta tutti gli stadi del frutto…i fiori, i cocchi piccoli e i cocchi già maturi. Quelli maturi li prendono, ci danno un’accetta per aprirli…un colpo secco, fortissimo…ho sempre paura che sbaglino e si facciano un gran male… di solito riescono ad aprirli senza problemi, tu bevi il succo, poi glielo ridai, altro colpo secco per spaccarlo a metà, e con una sorta di cucchiaio ricavato dal guscio del cocco mangi la polpa all’interno, che è morbidissima e fresca. Il tutto cosa 100 CFA (0,15 €)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I compagni di viaggio…da sinistra verso destra Camille, Alexandro, Vincent et Caroline

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Je pas monet

…si si, lo so. Si dovrebbe dire “je n’ai pas de monnaie” …ma qui si dice je pas monet…è una delle frasi che si sentono più
di frequente nell’africa francofona. Nell’africa dell’ovest si usa il cfa. Ci
sono 4 banconote: i 1000 cfa, i 2000, i 5000 e i 10000. Cambiare i 1000 (1,5 €)
o i 2000 (3 €) non è particolarmente complicato. I 5000 (7,5 €) creano spesso
problemi. I 10.000 sono come la mitica banconota da 500 euro (che non ho forse mai visto).
L’altro giorno abbiamo preso uno zem per un tratto molto molto lungo.
Ero con Caroline, quindi abbiamo preso 2 zem ai quali dovevamo dare 2000 CFA in
totale. Il tragitto con lo zem è durato 30 minuti, cambiare i 5000 cfa per pagare gli zem ne ha
richiesti 45. Purtroppo non sto scherzando. Ho dovuto domandare ad ogni singola
boutique del quartiere. Fortunatamente sono una persona che raramente perde la
pazienza e, come chi mi conosce può immaginare, non mi sono affatto innervosito
e ho trattato tutti con estrema gentilezza e cortesia 😉 .
…distrutto e troppo impaurito dagli zem…finalmente ho anche una moto! Un pomeriggio intero di
discussione e attesa. Alla fine sono riuscito ad abbassare alla metà esatta il
prezzo di partenza. Ho una piccola moto tipo enduro, una suzuki 125 che avrà
una decina d’anni abbondanti. Posso fare la superscorciatoia per arrivare in
ufficio, una strada che passa accanto all’aeroporto, interamente su sabbia. Un
piccolo rally tutte le mattine, che mi permette di arrivare in ufficio sveglio e con gli occhi belli impastati di sabbia…

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Mood Indigo

Nicholas è un amico belga conosciuto in Senegal. Attualmente
ha preso il mio posto nella casa dove abitavo a Dakar ed è
ufficialmente il
coinquilino del mio ex coinquilino, il mitico Jean (a cui presto o
tardi dovrò
dedicare un piccolo post)…Quando in Senegal dissi a Nicholas che sarei
partito
per il Benin gli si illuminarono gli occhi e mi disse…oh come ti
invidio, oh
quanta fortuna, oh che bel paese…non capivo…Jean c’aveva vissuto un po’
a
Cotonou e decisamente non dimostrava lo stesso entusiasmo…Nicholas
aveva
vissuto in Messico, in Mali, forse in Burkina ma del Benin proprio non
mi aveva
parlato. Ovviamente scopro essere una questione affettiva: la sua
“ragazza”
abita qui. Ieri Nicholas mi ha contatto via skype e ha deciso che devo
conoscerla. Dopo poco minuti Olga ha il mio numero
di telefono e mi chiama..già dal telefono capisco che dev’essere una
persona
simpaticissima: non smette di ridere un secondo…e fa sorridere anche
me. Ci mettiamo d’accordo perché
venga da me per poi andare a vedere qualche concerto in piazza…oggi è
il
compleanno di Bob Marley e giustamente si festeggia! Olga arriva a casa
mia con
due ore abbondanti di ritardo rispetto all’appuntamento fissato…con lei
c’è la sorella
maggiore. Nicholas mi aveva detto che Olga era davvero simpatica, non
mi aveva
detto che era cosi bella…non ho mai visto una ragazza africana con
tanto stile…ha
i dread e gli occhi che sorridono…ha una marea di collane addosso,
braccialetti
da tutte le parti e veste in maniera un po’ assurda, nulla a che vedere
con le
ragazze di qui…si veste come le ragazze spagnole!…dopo meno di 5
minuti che è
in casa mi sembra di conoscerla da sempre, mi sembra di aver trovato la
versione
femminile e beninoise di Mussa (uno dei miei migliori amici in
Senegal). Olga
vive in un piccolo villaggio a due ore da Cotonou. Non le piace stare
in città,
ci passa ogni tanto per stare con la famiglia. Nella vita fa quadri e
batik…sembra
una cosa seria…ne parla con un entusiasmo incredibile…ha dei contatti
per
vendere in Mali e in Burkina, le piace tantissimo il suo lavoro e il
posto dove
dipinge…mi spiega che per ora il suo lavoro le interessa troppo e anche
se
Nicholas le piace, per ora non può essere davvero la sua ragazza
(motivo per cui ho scritto ragazza tra virgolette all’inizio del
post)…non vuole
avere uomini che la disturbino dalla sua attività…incredibile…penso a
quante
ragazze qui fanno di tutto per avere un fidanzato occidentale…la
possibilità
più immediata per andare in Europa, sogno di molti…lei no, lei vuole
stare nel
suo villaggio, dell’Europa le interessa poco…ama viaggiare per
l’Africa,
conoscerla, conoscere tutte le etnie di questo continente…ma l’Europa
per ora no…
Nel
villaggio trova le piante di indigo dalle quali estrae
il colore per dipingere i suoi batik…insiste sul fatto che devo andare
nel villaggio
al più presto…i campi di Indigo sono bellissimi e quando mi descrive
il
processo per passare dalla pianta al tessuto comincio a diventare
curioso (e nella mia testa suonano il duca e la sua
orchestra….moooood indigoooooooo)
Olga
ride
sempre e mi mette davvero di buon umore. Andiamo a mangiare in una
sorta di
maquis (come spiegare cos’è un maquis?) lungo la strada…con meno di tre
euro in
tre mangiamo e beviamo..degli spaghetti alla beninoise…sicuramente
meglio della versione ingese! Olga è irremovibile, pagherà lei. Questa
ragazza non
smette di stupirmi…chi è stato in Africa nera credo possa capire la
bellezza di
questo gesto. Per il concerto si è fatto un po’ tardi. Olga e sua
sorella
abitano davvero lontanissimo da casa mia…gli zem si rifiutano di
portarci le
persone dopo mezzanotte…è troppo pericoloso dove abita Olga, e agli zem
in quel
quartiere viene spesso rubata la cosa più importante che hanno (spesso
l’unica): la moto. Ci
salutiamo con la promessa che settimana prossima andrò a trovarla al
villaggio…non
ho festeggiato come avrei voluto il compleanno del re, ma aver
conosciuto Olga mi ha messo davvero di buon umore…sento che la sua
amicizia darà una svolta alla mia vita beninoise, mi permetterà di
inserirmi un pò di più e staccarmi dall’entourage di iovò che mi sto
creando!

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Home sweet home!

Un sacco di novità!
In primis, mi stanno facendo lavorare! Finalmente mi danno
delle cose serie da fare e arrivare alle 18.00, orario di uscita dall’ufficio,
è diventato decisamente meno noioso (motivo principale per cui ho un po’
bigiato il blog in questi giorni)..
Seconda grande novità: ho finalmente traslocato…la casa è
bellissima (si, è quella sul mare…ero indeciso tra due sul mare, questa è
quella più fighetta); ieri ho provato a fare delle foto, ma era sera e non
rende. Dovrò aspettare venerdì per farne di belle. E’ la prima volta in vita
mia che abito da solo e la cosa mi piace un sacco. Da solosolosolo proprio non
mi era mai capitato. In due, in tre, in cinque, in sei si…i vantaggi dello
starmene solo soletto sembrano innumerevoli…potrò suonare agli orari che più mi
piacciono, non posso prendermela con nessuno se la casa è sporca o in disordine,
non devo parlare al mattino, che è forse una delle cose che faccio più fatica a
fare, nessuno mi frega quell’ultima birretta o quell’ultimo pezzo di formaggio
a cui è dalle 14.30 che sto pensando, che ho bene in mente dove si nasconda nel
frigo e non vedo l’ora di tornare a casa solo per quello. Per ora mi perdo un pochino tra le stanze…la casa è
decisamente labirintica. Ho un tetto enorme (la terrace!) a mia disposizione…ieri
sera ci sono montato e wooooowwww, le stelle, il vento e di fronte il mare…sono
l’unico che ha accesso perché per arrivarci c’è una scala a chiocciola nel
mezzo del mio salone…che bella quella scala…ooo, non vedo l’ora che la giornata
finisca per tornare a godermi un po’ tutto quello spazio!…l’unica pecca è la
padrona di casa…temo che la incontrerò tutte le mattine alle 7.30…la padrona di
casa è larga due metri (non dico per dire) e si fa decisamente meno fatica a
saltarla che a farci il giro attorno. Ha la barba (beh non un gran barbone, ma
sicuramente molto più pizzetto di me!)…e sinceramente la prima volta che l’ho
vista stavo per rinunciare alla casa…da quando ci sono dentro però anche la
padrona mi sembra meno oscena! Adesso devo pensare come arredare la casa…forse
dovrei aprire un concorso con ricchi premi e cotillons  per chi ha il suggerimento più originale…inizialmente
di fare tutto il salone molto basso, quasi solo cuscinoni…subito Gaetan m’ha
detto “ah, c’est pour faire des partouzes!”…ok, lascio stare.
Ieri sera non potevo ancora cucinare e quindi sono andato al
ristorantino ivoriano sotto casa, pronto per farmi una cenetta in solitaria…la
cameriere arriva e mi domanda “qu’est que tu veux?” (sono abbastanza diretti,
non si usa molto il “bonsoir Mesieur etc.”…le domando della carne e lei mi
risponde “quelle viande?”…ci penso un pochino e le domando del boeuf…il n’y
pas…allora del montone…il n’ya pas…beh mi dica lei allora…pulet!…ok, perfetto
il pulet…come lo vuole, fritto o grigliato?…ci rifletto un secondo…grigliato è
perfetto….il n’y a pas…ok allora fritto…”et comme accompagnements?”…a questi
punti son scoppiato a ridere, perché mi sono immaginato che avremmo fatto lo
stesso gioco della carne…io domando, e lei mi risponde il n’y a pas…provo ad
essere un po più diretto, le domando di dirmi cosa propone lei..frittes…chiedo
delle alternative, un insalata…il n’y a pas…ok, ottimo…mi ha dato un menu gigante, mi ha
lasciato 10 minuti per scegliere, per poi scoprire che non avevo alcuna reale
alternativa…ça c’est l’Afrique…ridiamo che fa bene…dopo meno di un secondo
arriva Marie (quella della barzelletta, remember?… post del 19 gennaio..)!..chissà
cos’ha pensato vedendomi solo al ristorante che rido come un cretino…mi invita
ad una festa di un ragazzo in partenza (l’ubriachissimo, che poi ho scoperto
chiamarsi Gotier, c.f.r. sempre il post del 19 gennaio)…e subito conosco la
gioventù che abita il quartiere (Fidjerossé). Come prima serata niente male!
…entusiasta della novità ho deciso anche che è arrivato il
momento di abbandonare lo zemidjan, che mi fa sempre più paura, per prendere
una moto…c’è una bellissima Tenéré 600 che potrei avere per circa 600 euri…sembra
perfetta…mi tenta non poco, è davvero la moto da viaggio in Africa…già mi vedo
andare in Togo, in Burkina, in Niger e in Nigeria…del resto il blog si chiama
tommingiro, sarà bene cominciare a girare!…en tout cas, il faut bien
reflechir!
…più avanti credo che però sarà necessario vendere la moto
e comprare una macchina, perché sembra che qui la pioggia quando comincia non
abbia nessuna pietà…il piano è prendere la due cavalli che da quando sono
arrivato vedo parcheggiata con il cartello “occasion”…e poi studiare bene un
rientro in Italia via terra.
In questo vortice di novità credo sia anche arrivato il
momento di fare un piccolo sforzo in più e capire come mettere le foto nel
blog…qualcuna l’avevo messa, ma è stato più per caso che per reale capacità…e
visto che oggi in ufficio ho avuto un’oretta libera e un momento di namm (nostalgia in wolof) ho deciso di cominciare con
le foto del Senegal…o meglio di un bellissimo viaggio fatto con Lorenza e
varie altre persone incontrate lungo il percorso tra Senegal, Gambia e Guinea
Bissau.

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Che nervoso

Che nervoso:

  • quando dopo quattro settimane non riesci ad avere lo stipend (che doveva arrivare il primo giorno)
  • quando riesci ad ottenerlo solo incazzandoti parecchio (cosa che oggi ho dovuto fare)
  • quando cerchi di ottenere un’informazione e ti rimbalzano da una parte all’altra dicendoti "no, non sono io che me ne occupo ma é Tizio" allora vai da Tizio che ti dice di andare da Caio che a sua volta ti dice di andare da Sempronio…che ovviamente non é in ufficio e nessuno ha una vaga idea di se e quando ritornerà
  • quando chiedi ogni due giorni alla segretaria di aiutarti per il visto e lei ogni due giorni ti dice si si adesso me lo scrivo cosi non lo dimentico (avrà oramai riempito il quaderno di scritte "visto per Tommaso lo iovo’ ")
  • quando lo zem ti spara delle cifre esagerate, perché sei irrimediabilmente un patron
  • quando sei abituato a scrivere veloce e con la testiera francese ti incarti sempre tra la a,la q, la w e z
  • quando la connessione funziona dieci minuti in otto ore
  • quando saltano luce e acqua insieme, e tu sei sotto la doccia tutto insaponato
  • quando fai una domanda aperta e ti rispondono con un si o un no ("preferisci questo o quello?"..pausa riflessiva…"si!")

Meno male che poi basta poco per far passare il nervoso…un sorriso, un bimbo che gira allegro e nudo lungo la strada, la risata grassa dello zem se fai apprezzamenti sulle ragazze beninoise, il mendicante a cui tutti i giorni dai la monetina che ti saluta contento anche se la moneta non gliela dai, la capra in mezzo alla strada, il venditore di fiori sempre ultra agitato che é da quando sono qui che mi domando che droghe usi, la mamma che da 4000 km di distanza riesce comunque ad avere una scorta di raccomandazioni che neanche fosse qui…e poi, beh, quando ottieni lo stipend, e scopri che é il doppio di quanto pattuito, passa ogni nervosismo e godi di tutte le lotte fatte fino a quel momento!!!

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Uic end

Ufff, di nuovo lunedi. Il uic end é stato davvero simpatico, ma la giornata di oggi é cominciata malino. Ero sul mio zem come sempre e a un certo punto il conducente comincia a dire "oi oi oi, no no no". Sporgo un po la testa in avanti e in effetti lo spettacolo non é dei più simpatici. Un signore é steso lungo la strada in una pozza di sangue e in una posizione decisamente innaturale, ribaltato sul suo motorino. Ci passiamo accanto e lo zem si fa il segno della croce. Questo signore alla otto del mattino ha finito la sua giornata. Per sempre.
Il uic end.
Venerdi nel tardo pomeriggio sono riuscito a intruffolarmi all’aperitivo organizzato per la ministra di non so cosa (il sistema belga é davvero molto complicato) della regione di Bruxelles capitale in visita a Cotonou. Gaetan m’ha presentato alla ministra come un giovane inviato dall’italia nel quadro degli scambi nord-nord per lo cooperazione nel sud. Grande sorriso della ministra che mi invita subito a bere. I Belgi sembrano non pensare ad altro. Geniale. La serata continua al Centre Culturel Français per finire nella più classica delle boite à pute. Sulle boite à pute ci sarebbe da scrivere un libro. Oggi purtroppo non sono in vena, ma prima o poi un post dedicato alla fauna di questo tipo di locali dovro’ dedicarlo.
L’indomani partiamo per andare a campeggiare selvaggiamente sulle rive dell’Ouémé. Ci fermiamo lungo la strada per mangiare il buonissimo porc grillé e l’ignam (una sorta di polenta di manioca) a Adjohon (il paese dei tamburi!) per poi proseguire lungo kilometri e kilometri di pista sterrata nella foresta. Verso le sei ci fermiamo per montare le tende…operazione che é risultata tutt’altro che facile. In pochi minuti si é diffusa la voce che un gruppo di ben 6 iovo’ sta montando delle strane casette portatili lungo il fiume. Una trentina di persone fa un cerchio serratissimo intorno a noi e ci guarda un po sbalordita. Più di una persona ci domanda se staremo a vivere li per sempre. Vincent e Alexandro nel frattempo sono andati nel villaggio per cercare qualcosa da mangiare per la sera e un po di legna per fare un piccolo falo’. Scoprono che al villaggio ci sarà una festa. Alle dieci e mezza siamo li. La popolazione locale é a dir poco entusiasta, ci offrono la soda bi (una sorta di distillato di palma) e a me sembra il più buon super alcool che abbia mai bevuto. Ci gettiamo nelle danze e guardare Alexandro, Venezuelano, che ingaggia una sorta di gara di
ballo con il più bravo ballerino del villaggio ha dell’incredibile.
Vengono da due continenti totalmente differenti e hanno trovato il loro
linguaggio comune. Ci viene servito un altro giro di soda bi, che a me
sembra sempre più buona e ci inghinocchiamo davanti al re del
villaggio. Mai e poi mai avrei pensato che avremmo fatto le quattro del
mattino anche in un villaggio sperduto nelle campagne beninoises.
L’indomani scopro che per quanto buona la sera, la soda bi al
mattino si vendica. Con un notevole mal di testa smontiamo le tende e
ci rimettiamo in marcia verso Cotonou. Visto che non arriviamo troppo
tardi decido di raggiungere Daniele al mare. La scelta paga ampiamente:
un tramonto spettacolare e i delfini che vengono fin quasi a riva a
salutarci.

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Un semidio

Finalmente sono riuscito ad aprire il conto in banca..la cosa é stata
davvero complicatissima: ci ho messo circa due settimane. Non avendo ancora una casa ho dovuto cercare
la mistica figura del "delegué du quartier" per farmi fare
un’attestation de residence. Nei giorni scorsi non lo trovavo, oggi gli
ho fatto un agguato nell’orario più infame, l’ora della siesta! Il
delegué ha come minimo 95 anni e per riuscire ad accordarmi sulla sua
parlata ci ho messo circa 10 minuti. L’unica cosa che ho capito subito
é che era molto infastidito dalla mia presenza nell’orario siesta. Si é
un po calmato quando ha capito che sono italiano. Qui come in Senegal
l’essere italiano é un buon lascia passare. Stai simpatico a tutti e
con chiunque parli,  90 su 100, c’ha un parente in Italia. Il delegué
infatti ha un fratello che viveva a Siena ma che ora é tornato a
Cotonou. Ha detto che non vede l’ora di farmelo conoscere per sentirci
parlare in italiano…speriamo non sia un fratello maggiore, con una parlata ancora più estrama!
Il delegué a un certo punto ha cominciato a farmi le tipiche
domande…sei sposato? Dov’é la tua famiglia? Quanti fratelli hai? Quando gli ho detto che
oltre a un fratello maggiore ho un gemello é sbiancato (che per la
popolazione locale é un fenomeno assai raro…un po come arrossire per
l’imbarazzo)…ebbene, i gemelli qui sono venerati, per i "voodooisti", che qui sono la maggior parte della popolazione, sono considerati
dei semi dei. I gemelli in Benin non muoiono mai…anche se fisicamente
possono non esserci più sono sempre vivi nella comunità, sotto forma di
feticcio. I gemelli portano pace, prosperità e fortuna.
I gemelli sono degli esseri perfetti. Ovviamente non mi sono limitato
alle parole del vecchio delegué, appena tornato in ufficio ho fatto
qualche ricerca…ebbene, siamo delle divinità anche per gli Ewé in
Togo, i Dogon in Mali e soprattutto gli Yoruba in Niger…le ricerche in internet m’hanno anche permesso di scoprire dove é meglio non dire di avere un gemello: in Nigeria e in Ghana eliminavano
uno dei due gemelli. La stessa cosa accade anche in
Guinea Bissau (solo i
balanta e mansoanca)…per finire anche i luba, i
ndembu e i lele li chiamano i "bambini dell’infelicità" e dicono che
i
gemelli appartengono al mondo animale e non a quello umano…
Ovviamente in Benin userò questo mio essere divino in qualsiasi
occasione..se qualcuno provasse a derubarmi…alt, non si deruba una
divinità! Figata!

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